Friday, 10 May 2013

Case (e) attese



Happiness is real only when shared, diceva quello lì di Into the wild, mentre, dopo essere sopravvissuto a orsi e gelo, moriva come un fesso per un paio di bacche.In linea di massima sarei anche d’accordo, certo dipende da che si intende per felicità. Per esempio felicità per me in questo momento sarebbe una cosa del genere: 


Non è sociopatia, non mi è mai pesato condividere case; tra le coinquiline che ho avuto ho trovato alcune ottime amiche e poi, quando uno ti vede in pigiami improponibili con il mollettone in testa e i capelli da lavare, siete uniti per sempre.
Ma la felicità è fatta di piccole cose, si sa. Tipo avere un solo spazzolino in bagno, poter uscire senza aver lavato i piatti. Avere dei punti saldi in un momento di forte instabilità, per esempio la certezza che se hai comprato la carta igienica poi la troverai di sicuro, e non ci sarà un malcapitato scottex in bella vista.
Però siccome la felicità spesso viaggia insieme a uno stipendio, mi sa che deve aspettare. Sto cercando una  stanza, in appartamento condiviso, così gli piace scrivere sugli annunci. Dopo aver passato in rassegna annunci per soli gay, per sole ristoratrici (?) per sole ragazze con referenze ETICHE (si fa un corso al Vaticano dove ti rilasciano le referenze etiche?), per richieste di “graziosa presenza femminile”(con funzione di arredamento immagino), ho visto loculi spacciati per camere, gente entusiasta che con estrema serietà mi mostrava le rifiniture delle maniglie dell’armadio, 40enni molto city e così a occhio, poco sex, che mi  osservavano come se avessi 15 anni, e infine ho trovato una casa adatta. Coinquilini simpatici, posizione prezzo etc. 

Ma dato che le attese dilazionate nel tempo e nello spazio sono la dimensione che è stata scelta per me in questa vita, per la prima volta sono incappata nel fantomatico colloquio con i coinquilini. Per chi non sapesse, è il caso in cui i proprietari delle case si occupano solo delle questioni del vil denaro e delegano agli inquilini la scelta del nuovo arrivo. I quali prendono la faccenda molto sul serio e a seconda dello zelo, avviano tempi indefiniti di accurate selezioni. Ho sentito di casi di gente che aveva la cartelletta degli appunti per i candidati e immagino che molti avranno anche un tabellone in cucina con le facce da eliminare. Adesso nell’attesa, la casa in questione è diventata nota come la casa del Grande Fratello.   

Nel mio caso, è stato tutto molto easy e cordiale, devo dire. Ma uscita da lì, dopo il “ti facciamo sapere”,  nella mia mente si sono affollati gli echi sinistri di questo. Almeno in un colloquio di lavoro sai più o meno cosa dire. Che cosa devi raccontare esattamente in un colloquio per avere una stanza? Di goliardiche storie di coinquilinaggio passate, per mostrare la tua estrema simpatia e socievolezza? Di metodologie e tecniche di pulizia del bagno? Da che parte stai nell’annoso dilemma tra il salare l’acqua prima o dopo la pasta? Una prova pratica di cambio della lampadina?

E se non mi vogliono, gli devo chiedere perché? Tipo, siete del partito contro le ballerine, che io indossavo quel giorno? Pensate che sembro un’irrimediabile stronza? Avevo uno smalto troppo vistoso? Forse non dovevo dire che non conosco la serie TV che vi piace?
E soprattutto, se non mi vogliono, qualcuno mi dirà che non mi meritavano?

Wednesday, 1 May 2013

Di spirito critico e intolleranza




L’episodio della sparatoria a Palazzo Chigi ha risvegliato in me un’intolleranza maturata nel tempo, accresciuta con la frequentazione di Facebook. Quella per i “contro” a tutti i costi. 

Si dà il caso che tra i miei amici di facebook sia pieno di “contro”. I “contro” li riconosci dalla corsa alla dietrologia per ogni notizia di attualità. Sono i Grillo e i Travaglio che vivono in mezzo a noi. 

 Erano quelli che appena sentito “Habemus papam” già stavano cercando una foto della prima comunione in cui il giovane Bergoglio si scaccolava. Sono quelli che hanno pronto un fascicolo di accuse di collusione con Berlusconi anche per Topolino, nel caso in cui dovesse avere una nomina, che poi da lì alla raccomandazione di Basettoni a capo della polizia è un attimo.

 Sono sempre loro quelli che cercavano forsennatamente notizie di sparatorie dimenticate dal 1824 ad oggi pur di offuscare la notizia così mainstream che circolava domenica. Chè poi sti mass media faziosi e asserviti al potere danno tutto questo spazio a qualche colpo di pistola davanti al Palazzo del Governo, mentre si formava il suddetto Governo, apprezzato dal paese come Pacciani a Firenze. 

I contro sono anche quelli che sentono il bisogno di chiedere continuamente : “ma chi cazzo è cantante X di talent?”. Questo per rimarcare l’assoluta estraneità al mondo di massa,  senza mancare di inserirci un disprezzo sulla fiducia, esternato nella parolaccia. 

Sempre  da loro provengono le fantomatiche foto dove puoi quasi intravedere il marchio di Photoshop “KONDIVIDETE!!!! IN PAPUASIA C’è L’INVASIONE DELLE CAVALLETTE E  I MEDIA ITALIANI NON DIKONO NIENTE!!!”

Sono quelli che non possono piegarsi a ricordare le ricorrenze come la –bleah-maggioranza, ma non gli salta neanche in mente di non dire la loro. Per rendere l’idea della loro caratura intellettuale, procedono ad una serie di link “contro” predefiniti. Tra i più noti, cito per il punto di vista di sinistra:
-         -  11 settembre: il ricordo del golpe cileno dell’11/09/1973, perché “questo è il mio 11 settembre”
-         -  27  gennaio: Il ricordo dei rom morti durante l’Olocausto, “perché questa è la memoria”

Da destra:
-25 aprile, fioriscono le tesi revisioniste sulla Resistenza. "ecco chi erano i partigiani".
- 27 gennaio: si, va bene l’olocausto, ma ricordiamo le vittime delle foibe.

Ora, spesso si tratta di cose serissime, ma io non riesco a non vederci un narcisismo e un compiacimento di fondo. Che sono i motivi principali che spingono la macchina dei social network, ovviamente, sia che si pubblichi la foto con vista aerea sulle tette che le notizie di lottaantagonista.com.  (“guarda quanto sono bona” “guarda quanto sono informato e alternativo”). Con la differenza che le tette non hanno alcuna velleità di comunicazione della verità assoluta e difficilmente si contraddicono da sole.

Per esempio, se giustamente denunci le migliaia di morti in Siria, ma lo fai solo quando ci sono dei morti a Boston, la classificazione dei morti di serie A e di serie B la stai facendo anche tu. Oppure, se parli di anti-democrazia citando orribili episodi di violenza da parte delle forze del’ordine in occasione di morti-feriti tra le stesse forze dell’ordine, sottintendi un “occhio per occhio”, che, ti svelo, tanto democratico non è. (per non parlare del fatto che ti viene subito in mente la canzone della Tatangelo). 

E ovviamente questo non c’entra niente con gli evidenti problemi dell’informazione e bla bla bla, non stiamo parlando di giornalismo. 

E’ che avendo frequentato un’università piena di “contro”, ho constatato quanti parlino per sentito dire e per pura voglia di appartenenza ad una categoria (quella che è stata genialmente definita “aristocrazia proletaria”, di cui potrei parlare a lungo). La superficialità fa ancora più rabbia se viene da chi è convinto di combatterla. Ci sarebbero molte cose da discutere, tipo l’annosa questione del “chi controlla i controllori” oppure il ruolo nella società della figura del RCS (che sta per Rivoluzionario col Culo sulla Sedia),  ma per ora mi limito a constatare quanto possano essere mainstream gli anti-mainstream. 


Allora noi vogliamo dedicare questa canzone contro il capitalismo, è ora dire basta col lavoro che sfrutta tutti. Devono capire che hanno rotto le palle i padroni, perché le masse operaie… o ma non vi sento fatevi sentire, siete tantissimi!